Pubblicato il 23-12-2013

In tema di differenza fra ''applicazione'' e ''ricorrenza'' dell'aggravante prevista dall'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, aggravante dell'aver procurato un incidente stradale.

Questa recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione appare significativa, laddove afferma che, pur in caso di soccombenza e/o equivalenza della circostanza aggravante dell'aver provocato un incidente stradale, in tema di contravvenzioni per guida in stato d'ebbrezza et similia, nel giudizio di bilanciamento attenuanti/aggravanti, essa, per la sola circostanza di "ricorrere" produce gli effetti previsti ex lege, che in questo caso coincidono con la mancata possibilità di ottenere la sostituzione della pena inflitta (ammenda e arresto) con lo svolgimento dei corrispondenti lavori di pubblica utilità.

A sommesso avviso di Chi scrive, seppur corretto da un punto di vista dogmatico-sistematico tale assunto, non lo appare altrettanto da un punto di vista della ragionevolezza, se è vero com'è vero che assumere come irrilevante ai fini della pena la circostanza di aver provocato un incidente stradale, potrebbe e dovrebbe essere, al contrario, l'antecedente logico-giuridico, per acconsentire che tale pena, anche in consimili casi, sia sostituita con i lavori di pubblica utilità.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24-10-2013) 04-12-2013, n. 48534

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente -

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -

Dott. IZZO Fausto - Consigliere -

Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere -

Dott. PICCIALLI P. - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.F. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1300/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 05/03/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/10/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. PICCIALLI PATRIZIA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. POLICASTRO Aldo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

B.F. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che, nel confermare il giudizio di responsabilità per la contravvenzione di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c) (per essersi Ammesso alla guida di un autocarro con un tasso alcolemico non inferiore a g. 3,43, causando in tale contesto un incidente stradale), ha escluso la possibilità di sostituzione della pena con i lavori di pubblica utilità richiamando la lettera dell'art. 186 C.d.S., comma 9 bis.

Con un unico motivo il ricorrente lamenta la violazione di legge nel diniego della sostituzione della pena sul rilievo che la circostanza della determinazione dell'incidente si concreta in una circostanza aggravante del reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 e, come tale, soggetta al giudizio di comparazione ex art. 69, che consentirebbe di eliminare la preclusione posta dall'art. 186 C.d.S., comma 9 bis, per la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

La questione posta dal ricorso riguarda la possibilità o no di procedere alla sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblico utilità ex art. 186 C.d.S., comma 9 bis, allorquando risulti contestata l'aggravante prevista dall'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, aggravante dell'aver procurato un incidente stradale.

La questione si pone, come è noto, in ragione della clausola di riserva contenuta nell'art. 186 C.d.S., comma 9 bis, "Al di fuori dei casi previsti dal comma 2 bis dello stesso articolo".

Il punto da affrontare, pertanto, è, se in presenza della aggravante speciale, sia comunque e sempre precluso procedere alla sostituzione.

Va ricordato in premessa che, secondo i principi generali, il giudizio di bilanciamento delle circostanze, di per sè, non influisce sugli istituti che non si ricollegano al quantum della pena inflitta, nel senso che le circostanze soccombenti o equivalenti continuano a produrre gli effetti previsti dalla legge, dal momento che anche il giudizio di soccombenza non fa venire meno la sussistenza in concreto della circostanza subvalente ma semplicemente la paralizza e la rende non applicata "quoad poenam".

Non si è in presenza, infatti, di una di quelle ipotesi che si discostano dalla regola generale succitata, in cui già la formulazione normativa appare indiziante della volontà del legislatore di ricollegare l'effetto della circostanza al fatto che la stessa sia stata concretamente applicata e non meramente ritenuta dal giudice.

In tal senso è opportuno richiamare il disposto della L. n. 354 del 1975, art. 7 bis e art. 58 quater, (come sostituito dalla L. n. 251 del 2005), ove è previsto che le misure alternative alla detenzione non possono essere concesse più di una volta al condannato al quale sia stata applicata la recidiva reiterata prevista dall'art. 99 c.p., comma 4.

Applicando tali principi al caso in esame e tenuto conto della esplicita dizione normativa dell'art. 186 C.d.S., comma 9 bis, va affermata l'inequivoca volontà legislativa di ricollegare l'effetto ostativo non già alla "applicazione" della circostanza aggravante, bensì alla semplice "ricorrenza" della stessa, a prescindere dal fatto che l'aggravante non incida sul trattamento sanzionatorio.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2013

 

A cura degli Avv.ti Pietro Carlo Ferrario e Giuseppe Aramini - Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

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