Pubblicato il 17-04-2014

La Cassazione torna nuovamente sull'aggravante di ''incidente stradale''.

Con la sentenza che si esamina oggi la Suprema Corte di Cassazione affronta nuovamente il tema, di indubbio interesse per coloro che vogliano usufruire della pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità, relativo all'aggravante di cui all'art. 186 C.d.S. comma 2-bis.

La Quarta Sezione precisa che la sussistenza della predetta aggravante è riscontrabile ogni qual volta il conducente dimostri di non essere in grado di padroneggiare il veicolo, con l'effetto che la contravvenzione di mero pericolo di cui alla guida in stato d'ebbrezza assume un quid pluris legato "ad una emblematica e comprovata anomalia nella marcia del veicolo, costretto ad arrestarsi attraverso modalità patologiche".

Appare chiaro, a parere di Chi scrive, che un'accezione così ampia di incidente può essere idonea a ricomprendere anche un'uscita di strada del veicolo senza danni a cose, a terzi e/o al conducente stesso; così come appare parimenti chiaro che nel concreto potrebbero verificarsi situazioni, per condizioni di asfalto o visibilità, per esempio, da non essere facilmente dimostrabile che solo a cagione dello stato di alterazione psico-fisica si sia verificata l'anomalia nella marcia del veicolo, la quale avrebbe potuto occorrere anche al conducente da tale stato non affetto.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-01-2014) 27-03-2014, n. 14531

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere -

Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere -

Dott. GRASSO Giuseppe - rel. Consigliere -

Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.O. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 2343/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 15/05/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRASSO GIUSEPPE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. STABILE Carmine, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. FRANZINI Ludovica del Foro di Roma la quale si è riportata ai motivi il ricorso.

Svolgimento del processo

 

1. La Corte d'appello di Brescia, con sentenza del 15/5/2013, confermò la sentenza del Tribunale di Mantova del 16/12/2011, con la quale S.O., imputato di essersi posto alla guida di autovettura versando in stato d'ebbrezza alcolica (g/i 2,00 e 2,11), procurando incidente stradale (art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), era stato condannato alla pena stimata di giustizia.

2. Avverso la sentenza della Corte bresciana l'imputato ricorre per cassazione prospettando due motivi di censura.

3. Con il primo motivo, denunziante vizio motivazionale in questa sede rilevabile, lo S. deduce che la Corte territoriale, senza apprezzabili ragioni aveva disatteso la discolpa resa dall'imputato, il quale, dopo essere uscito fuori strada a bordo dell'autovettura dal medesimo condotta, solo a distanza di circa due ore era stato sottoposto al test alcolimetrico, con la conseguenza che l'esito era stato falsato dall'assunzione, dopo l'incidente, di qualche sorso di liquore che il padre, sopraggiunto sul luogo, gli aveva somministrato per tirarlo un pò su. Non poteva giudicarsi strano il comportamento del predetto genitore, il quale non aveva avvisato della somministrazione gli operatori intervenuti, in quanto, dato il lungo lasso di tempo trascorso, ben aveva avuto motivo di ritenere che la prova fosse stata già espletata.

Inoltre, l'alito vinoso riscontrato si giustificava con la circostanza che l'imputato aveva bevuto una modica quantità di vino al pasto, ma ciò non poteva significare l'automatico superamento del limite di legge; quanto, poi, allo stato di concitazione nel quale l'uomo venne trovato, la spiegazione era semplice: trattavasi della conseguenza del trauma emotivo, dovuto alla contingenza (era finito fuori strada con gravi conseguenze per l'autovettura).

Infine, la Corte d'appello aveva inopinatamente assunto che l'incidente era dipeso dallo stato d'ebbrezza alcolica, ignorando che, in presenza di un percorso stradale stretto e tortuoso la possibilità di sbandare costituisce evento non remoto e, in ogni caso, non necessariamente dipendente da uno stato di alterazione psichica, indotta dall'abuso di alcol.

4. Con il secondo motivo viene dedotta violazione di legge per essere stata reputata sussistere l'aggravante dell'aver procurato un incidente stradale. Secondo l'impugnante perchè una tale ipotesi possa configurarsi occorre che, perlomeno, si sia creata un'effettiva turbativa al traffico, cosa che nel caso era da escludersi in quanto l'imputato era uscito di strada senza procurare danni a terzi e neppure una qualsivoglia situazione di pericolo.

Motivi della decisione

 

5. Il ricorso è infondato.

5.1. Con il primo motivo si accreditata una ricostruzione del fatto alternativa, e, comunque, palesemente congetturale e manifestamente improbabile, diversa da quella logicamente fatta propria dai giudici di merito (l'uomo, soccorso dopo l'incidente, alitava fortemente di alcol, manteneva un tono di voce alterato, presentava occhi lucidi, manifestava euforia e spropositata loquacità; non fu segnalata la circostanza della dedotta postuma assunzione alcolica).

Sul divieto di nuovo e diverso apprezzamento fattuale in sede di legittimità può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta dalla sentenza n. 15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: il nuovo testo dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto.

In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il "novum" normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere a un'inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all'interno della decisione.

5.2. L'art. 186 c.d.s., comma 2 bis, aggrava le sanzioni qualora il conducente in stato d'ebbrezza provochi un incidente stradale. La norma punisce più severamente il fatto di colui che, postosi alla guida in condizioni psico-fisiche alterate dall'uso di alcolici, abbia non solo perciò messo in atto condotta d'astratto pericolo, ma abbia dato luogo a ad una emblematica e comprovata anomalia nella marcia del veicolo, costretto ad arrestarsi attraverso modalità patologiche (nel caso all'esame, l'autovettura fini fuori strada, riportando cospicui danni).

Proprio per questa ragione si è ritenuto che il concetto di "incidente stradale" richiamato, ai fini dell'integrazione dell'aggravante prevista dell'art. 186 C.d.S., comma 2 bis, è ben più ampio di quelli d'investimento e di collisione tra autoveicoli, che vi sono, in ogni caso, ricompresi: infatti, esso non implica necessariamente la produzione di danni a cose proprie o altrui o lo scontro con altri veicoli o comunque il coinvolgimento di terze persone con danni alle stesse, bensì qualunque situazione che esorbiti dalla normale marcia del veicolo in area aperta alla pubblica circolazione, con pericolo per l'incolumità altrui e dello stesso conducente (Cass., 4^, 21/12/2011, n. 6381). La pretesa ratio individuata dal ricorrente (impedire turbativa alla fluidità della circolazione), invece, appare del tutto estranea alla disposizione di legge, la quale, all'evidenza, non è diretta ad evitare ingorghi o rallentamenti, ma situazioni di grave pericolo, derivanti dall'inadeguate condizioni psico-fisiche nelle quali l'agente si pone alla guida. Di conseguenza, è irrilevante la circostanza che, per fortuite coincidenze, lo sbandamento condusse l'imputato fuori strada senza coinvolgere altri utenti; infatti, quel/rende la fattispecie aggravata è il fatto che il conducente, postosi alla guida in condizioni psicofisiche alterate, abbia concretamente dimostrato di non essere in grado di padroneggiare il mezzo.

6. L'epilogo impone condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2014.

Depositato in Cancelleria il 27 marzo 2014

 

A cura degli Avv.ti Pietro Carlo Ferrario e Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

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