Pubblicato il 21-10-2013

Sull'elemento soggettivo del reato di guida in stato d'ebbrezza.

Questa recente pronuncia è ivi riportata in quanto appare importante l’affermazione incidentale in punto di elemento soggettivo del reato p. e p. all’art. 186 C.d.S.

 

Infatti, la Suprema Corte di Cassazione, partendo dall’inquadramento dogmatico della contravvenzione, quale reato per la sussistenza del quale è indifferente il riscontro del dolo o della colpa (art. 42 c.p. ult.co.), giunge a negare che la sola circostanza di assunzione concomitante di alcool e farmaco che in sinergia con esso determini una qualche alterazione e/o maggiorazione del tasso di alcolemia medesimo, possa escludere la responsabilità penale.

 

Ciò, in quanto, quanto meno a titolo di colpa, deve affermarsi che: “La mancanza di diligenza incide sulla valutazione della colpevolezza dell'agente, il quale deve evitare di assumere bevande alcoliche quando esse possono avere una pericolosa sinergia con eventuali farmaci assunti in modo concomitante”.

 

 

   

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 18-06-2013) 24-09-2013, n. 39497

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIRENA Pietro Antonio - Presidente -

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere -

Dott. IZZO Fausto - rel. Consigliere -

Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere -

Dott. DELL'UTRI Marco - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.G.C., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 16/l/2013 della Corte di Appello di Trieste (nr. 722/2012);

udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. IZZO Fausto;

sentite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Dott. GERACI Vincenzo, che ha concluso il rigetto del ricorso;

sentite le conclusioni dell'Avv. LOVAT Bernardo, per l'imputato, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

 

1. Con sentenza del 16/l/2013 la Corte di Appello di Trieste confermava la condanna di R.G.C. per la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza di un'auto Jaguar, con tasso alcolemico rilevato di g/l 1,51 e 1,44 (acc. in (OMISSIS)).

Inoltre, in accoglimento dell'appello del P.G., disponeva la sospensione della patente di guida, sanzione accessoria che il giudice di primo grado aveva omesso di irrogare. Osservava la Corte che la responsabilità dell'imputato emergeva dalle seguenti circostanze:

- i dati sintomatici rilevati dal verbalizzante, quali l'andatura di guida a zig zag, la perdita di equilibrio al momento di scendere dall'auto, gli occhi lucidi e l'alito vinoso;

- l'esito positivo dell'alcoltest;

- l'esito della perizia d'ufficio svolta in primo grado, da cui si rilevava che il farmaco assunto dall'imputato il giorno dei fatti, un colluttorio antidolorifico per problemi dentali, non aveva avuto alcuna significativa incidenza sull'esito dell'alcoltest svolto alla presenza del difensore di fiducia;

- nessun elemento significativo poteva desumersi in ordine alle deposizioni dei testi della difesa raccolte.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato lamentando:

2.1. la violazione di legge per l'omessa notifica dell'appello del P.G. al difensore dell'imputato a cui era stata meramente consegnata una copia dell'atto dal cancelliere;

2.2. il vizio di motivazione, per avere il giudice di merito dato assoluta attendibilità al verbalizzante, il quale si era palesato approssimativo nelle sue dichiarazioni e non invece ai testi della difesa, i quali avevano escluso che l'imputato avesse assunto alcolici dopo la rottura del dente a pranzo;

2.3. il vizio di motivazione e la inutilizzabilità della perizia svolta, tenuto conto che il quesito formulato doveva tendere non a individuare la incidenza del alcool del colluttorio sull'esito degli esami, bensì sul funzionamento dello stesso etilometro; tale omissione rendeva incerto l'esito dell'esame e la condanna al di là di ogni ragionevole dubbio;

2.4. la mancata assunzione di una prova decisiva e cioè una perizia atta a valutare l'attendibilità delle rilevazioni effettuate con l'etilometro.

Motivi della decisione

 

3. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

3.1. Quanto alla censura di rito formulata, dagli atti processuali si rileva che all'udienza del 10/12/2012, la Corte di Appello, a fronte della eccezione formulata dal difensore e relativa alla mancata ricezione dell'atto di appello del P.G., ebbe a disporre la immediata notifica dell'atto, effettuata dalla cancellerie con consegna a mani del difensore. Tale modalità di notificazione deve ritenersi corretta, tenuto conto che dell'art. 148 c.p.p., comma 4, stabilisce che "La consegna di copia dell'atto all'interessato da parte della cancelleria ha valore di notificazione".

Peraltro, come osservato dalla Corte di merito, nell'ordinanza dibattimentale del 16/l/2013, un'eventuale nullità si sarebbe sanata ai sensi dell'art. 182 c.p.p., comma 2, in quanto non tempestivamente eccepita.

3.2. In ordine al secondo e terzo motivo di censura, va premesso che l'art. 186, vieta la guida in stato di ebbrezza dovuta all'uso di bevande alcoliche. Poichè il reato è contravvenzionale, esso è punibile anche a titolo di colpa. Ne consegue che la mancanza di diligenza incide sulla valutazione della colpevolezza dell'agente, il quale deve evitare di assumere bevande alcoliche quando esse possono avere una pericolosa sinergia con eventuali farmaci assunti in modo concomitante.

Nel caso di specie, con coerente e logica motivazione, il giudice di merito ha evidenziato che era certo che l'imputato avesse assunto bevande alcoliche, tenuto conto degli esiti della perizia svolta, che aveva dimostrato come il farmaco assunto (Odontal) aveva avuto un'incidenza minima e poco significativa (0,2) sugli esiti dell'alcoltest effettuato. Dal che la ininfluenza delle contrarie deposizioni raccolte.

Sul punto le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un mero dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.

3.3. Infine, quanto alla doglianza relativa alla mancata assunzione di una prova decisiva, va ricordato che questa Corte di legittimità ha ripetutamente affermato che "per prova decisiva sia da intendere unicamente quella che, non incidendo soltanto su aspetti secondari della motivazione (quali, ad esempio, quelli attinenti alla valutazione di testimonianze non costituenti fondamento della decisione) risulti determinante per un esito diverso del processo, nel senso che essa, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove fosse stata esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia" (ex plurimis, Cass. 2^, 16354/06,Maio); questa Corte ha anche precisato che "non sussiste il vizio di mancata ammissione di prova decisiva quando si tratti di prova che debba essere valutata unitamente agli altri elementi di prova processualmente acquisiti, non per eliderne l'efficacia probatoria, ma per effettuare un confronto dialettico che in ipotesi potrebbe condurre a diverse conclusioni argomentative" (Cass. 2^, 2827/05, Russo).

In particolare, con riferimento alla perizia, essa "per il suo carattere "neutro" sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, non può farsi rientrare nel concetto di prova decisiva: ne consegue che il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), in quanto giudizio di fatto che se sorretto da adeguata motivazione è insindacabile in cassazione" (Cass. 4^, 14130/07, Pastorelli).

Nel caso di specie il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha dedotto la responsabilità dell'imputato dalla deposizione del verbalizzante riscontrata dagli esiti dell'alcoltest, la cui valenza è stata confortata dalla perizia svolta per determinare l'influenza del farmaco assunto sull'esito degli esami.

Va ulteriormente rammentato che questa Corte ha statuito che "In tema di guida in stato di ebbrezza, l'esito positivo dell'alcotest costituisce prova della sussistenza dello stato di ebbrezza ed è onere dell'imputato fornire eventualmente la prova contraria a tale accertamento dimostrando vizi od errori di strumentazione o di metodo nell'esecuzione dell'aspirazione ...." (Cass. 4^, 45070/04, Gervasoni).

Non essendo stata fornita alcuna prova della inidoneità dell'apparecchio, salvo la formulazione di generici dubbi, correttamente ne ha dedotto il giudice di merito la attendibilità degli esiti dell'alcoltest.

Il ricorso è pertanto infondato e deve essere rigettato, segue ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 18 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2013

 

 

A cura dell’Avv. Pietro Carlo Ferrario e del Dr. Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

http://www.lucarellieferrariostudiolegale.com/