Pubblicato il 31-03-2015

Copia di referto medico non sottoscritta? Valida se attendibile.

La Quarta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione affronta in questo pronunciamento, riguardo al reato di guida in stato d’ebbrezza, la tematica relativa all’utilizzabilità della copia del referto medico mancante di sottoscrizione.

La Corte puntualizza in prima istanza alcune nozioni di carattere generale in merito al concetto di utilizzabilità/inutilizzabilità precisando – come noto – che l’inutilizzabilità patologica deriva, o dal fatto che la prova documentale sia stata formata o acquisita attraverso metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti ex art. 188 c.p.p. ovvero dall’essere stata acquisita in violazione di divieti stabiliti dalla legge ex art. 191 c.p.p.. Allo stesso modo è regola nel processo penale, ex art. 193 c.p.p., che non sia necessario osservare i limiti di prova stabiliti dalle leggi civili, tranne quelli che riguardano lo stato di famiglia e di cittadinanza.

Dalla premessa generale di cui sopra ne discende logicamente – prosegue la Corte – che:

  1. a) deviazioni del documento dallo schema legale che ne descrive i requisiti, essenziali o accessori, non implica l'inutilizzabilità del medesimo ma si riflette, sulla sua attendibilità;
  2. b) in tema di documenti l'art. 234 c.p.p. richiede sì che essi vengano acquisiti in originale, essendo previsto che se ne può acquisire la copia del documento solo quando l'originale non è recuperabile ma parimenti il vigente sistema processuale non ha accolto il principio di tipicità dei mezzi di prova, tanto che l'art. 189 c.p.p. ammette l'evenienza di prove non disciplinate dalla legge, accordando in tal modo al giudice il potere di utilizzare quale elemento di prova anche la copia di un documento, quando essa sia idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti;
  3. c) in forza delle argomentazioni di cui ai punti precedenti, tra le diverse applicazioni di siffatta regola si può ricordare quella in tema di copia fotostatica (nella specie, di una cartella clinica), a riguardo della quale si è puntualizzato che non è richiesta la certificazione ufficiale di conformità (Sez. 4, n. 18454 del 26/02/2008 - dep. 08/05/2008, Lombardo, Rv. 240159), cosicché la mancanza di sottoscrizione della copia del referto non è di per sé motivo di inutilizzabilità del medesimo.

Ne conclude la Corte, ricalcando il concetto differenziale fra inutilizzabilità ed inattendibilità, che per la validità probatoria della copia del referto medico di pronto soccorso mancante di sottoscrizione è sufficiente superare un giudizio di attendibilità, il quale tenga conto dell’identificabilità dell’autore del medesimo (il medico responsabile del servizio), della genuinità del documento e della assenza di difetti tecnici che possano, appunto, inficiarne l’attendibilità.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-11-2014) 29-01-2015, n. 4363

 

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -

Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere -

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -

Dott. DOVERE Salvatore - rel. Consigliere -

Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Z.M. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1429/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del 26/11/2013;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Sante Spinaci, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. Daniele (Ndr: testo originale non comprensibile) che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

 

Svolgimento del processo

 

  1. Z.M. è stata giudicata per il reato di guida in stato di ebbrezza art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), commesso in data 20.2.2010 e le è stata inflitta la pena di mesi sei di arresto ed Euro 4000 di ammenda, con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni uno.

2.1. La Z. propone ricorso per cassazione e deduce vizio motivazionale poichè la Corte di Appello di Genova avrebbe replicato ai rilievi difensivi che censuravano il giudiziosi validità della copia del referto medico acquisito agli atti assumendo a presupposto circostanze non vere.

2.2. Con un secondo ed un terzo motivo deduce violazione di legge, con riferimento al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, perchè la Corte di Appello avrebbe fatto erronea applicazione di tale norma, che detta i requisiti di esistenza del documento informatico, e quindi ritenuto utilizzabile una prova vietata dalla legge.

2.3. Con un quarto motivo deduce violazione di legge con riferimento all'art. 354 c.p.p., e art. 114 disp. att. c.p.p., per aver la Corte di Appello utilizzato l'esame alcolimetrico nonostante fosse stato omesso il previo avviso alla Z. della facoltà di farsi assistere da un difensore e con un quinto l'inutilizzabilità del medesimo per mancanza del consenso al prelievo ematico. Non sarebbe vero quanto asserito dal Collegio distrettuale, ovvero che il prelievo era stato eseguito nell'ambito di un protocollo sanitario, e peraltro il tasso alcolico rivelato dall'esame dimostrerebbe che la Z. non era in condizione di prestare un valido consenso.

2.4. Con un sesto motivo deduce vizio motivazionale in ordine al rilievo mosso con l'atto di appello che censurava la motivazione del primo giudice in merito alla "particolare urgenza" che giustificava l'accertamento previstodall'art. 354 c.p.p., da parte di agenti e non da ufficiali di p.g..

2.5. Con un settimo motivo si deduce analogo vizio in relazione ai presupposti per l'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 bis. Per l'esponente la Corte di Appello ha omesso di motivare in merito alla riconducibilità dell'incidente alla responsabilità della Z.; responsabilità che è richiesta anche nel caso di incidente non coinvolgente altri utenti della strada.

 

Motivi della decisione

 

  1. Il ricorso è infondato.

3.1. I primi tre motivi possono essere trattati unitariamente.

Con l'atto di appello si era asserita l'inutilizzabilità della copia del referto acquisito agli atti - qualificato copia analogica di documento informatico - e fonte di conoscenza del tasso alcolico della Z., perchè documento invalido, se non inesistente, in quanto mancante di sottoscrizione. La Corte di Appello ha replicato affermando che l'atto contiene "tutte le indicazioni richieste per la validità...", segnatamente l'indicazione del medico responsabile;

sicchè esso ha piena valenza certificativa, trattandosi di documento proveniente da servizio pubblico, conforme all'originale.

Orbene, muovendo dal contenuto del rilievo (inutilizzabilità) tanto l'appellante che la Corte distrettuale hanno formulato affermazioni non pertinenti.

L'utilizzabilità di una prova documentale (che tale siano i dati di carattere informatico contenuti nel computer è già stato sostenuto da Sez. 3, n. 37419 del 05/07/2012 - dep. 27/09/2012, Lafuenti, Rv.

253573; a maggior ragione ciò può predicarsi a riguardo della copia analogica), infatti, non è funzione della sua validità formale;

l'inutilizzabilità (c.d. patologica) deriva dal fatto che essa sia stata formata o acquisita attraverso metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti (art. 188 c.p.p.) ovvero dall'esser stata acquisita in violazione di divieti stabiliti dalla legge (art. 191 c.p.p.), dovendosi però tener conto anche della regola per la quale nel processo penale non si osservano i limiti di prova stabiliti. dalle leggi civili, eccettuati quelli che riguardano lo stato di famiglia e la cittadinanza (art. 193 c.p.p.).

Eventuali deviazioni del documento dallo schema legale che ne descrive i requisiti, essenziali o accessori, non implica l'inutilizzabilità del medesimo ma si riflette, sulla sua attendibilità; incide, quindi, sulla vantazione che deve farsene della idoneità addimostrare quanto da esso si vorrebbe dedurre (in tal senso Sez. 2, n. 16599 del 17/12/2010 - dep. 29/04/2011, Lo Nigro e altri, Rv. 250216, per la quale il disconoscimento "ex" art. 2712 c.c., dei messaggi telematici non muniti di firma digitale non assume rilievo nel procedimento penale, nell'ambito del quale non si osservano i limiti di prova stabiliti dalle leggi civili, e gli accertamenti relativi alla provenienza del documento informatico costituiscono questioni di fatto rimesse alla valutazione del giudice del merito).

Sotto diverso profilo va rammentato che questa Corte ha già affermato, in tema di documenti, che l'art. 234 c.p.p., richiede sì che essi vengano acquisiti in originale, essendo previsto che se ne può acquisire la copia del documento solo quando l'originale non è recuperabile; ma ha parimenti evidenziato che il vigente sistema processuale non ha accolto il principio di tipicità dei mezzi di prova: l'art. 189 c.p.p., ammette l'evenienza di prove non disciplinate dalla legge, accordando in tal modo al giudice il potere di utilizzare quale elemento di prova anche la copia di un documento, quando essa sia idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti (in tal senso già Sez. 3, n. 5747 del 07/12/2006 - dep. 12/02/2007, Romano, Rv. 236175).

Tra le diverse applicazioni di siffatta regola si può ricordare quella in tema di copia fotostatica (nella specie, di una cartella clinica), a riguardo della quale si è puntualizzato che non è richiesta la certificazione ufficiale di conformità (Sez. 4, n. 18454 del 26/02/2008 - dep. 08/05/2008, Lombardo, Rv. 240159;

nell'occasione, nel fare richiamo al principio di libertà della prova sia per i fatti-reato che per gli atti del processo, si è evocato anche la direttiva n. 1 della legge delega per il nuovo codice di rito, che impone la massima semplificazione processuale con eliminazione di ogni atto non essenziale).

Pertanto, la mancanza di sottoscrizione della copia del referto non è di per sè motivo di inutilizzabilità del medesimo.

Nè può affermarsi, come vorrebbe la ricorrente, che dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, si ricava il divieto di utilizzare nel processo penale la copia del documento informatico che non presenti i requisiti stabiliti (allo stato dall'art. 23 ter, introdotto dal D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, art. 16, comma 2, lett. a), e modificato dal D.L. 18 ottobre 20012, n. 79, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221). Infatti, la disciplina del documento informaticò è volta a stabilirne le condizioni perchè esso possa avere la funzione probatoria tipica, a seconda delle evenienze, della scrittura privata e dell'atto pubblico; ma non pone alcun divieto che valga alla stregua dell'art. 191 c.p.p.. L'incidenza di una eventuale assenza di sottoscrizione - che peraltro va valutata in rapporto alle previsioni che disciplinano la copia analogica del documento informatico - può esplicarsi solo sul piano della idoneità probatoria dell'atto.

Sotto tale profilo la Corte di Appello, pur con affermazioni che lasciano trasparire la suggestione prodotta dalla prospettazione dell'appellante, ha chiaramente esplicitato un giudizio di attendibilità del documento, perchè identificabile l'autore del medesimo (il medico responsabile del servizio). Peraltro, fanno nella specie difetto puntuali censure inerenti alla genuinità del documento ovvero alla presenza di difetti tecnici che possano inficiarne l'attendibilità.

3.2. Manifestamente infondati sono il quarto ed il quinto motivo. La Corte di Appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo il quale, in tema di guida in stato di ebbrezza, il prelievo ematico compiuto autonomamente dai sanitari in esecuzione di ordinari protocolli di pronto soccorso, in assenza di indizi di reità a carico di un soggetto coinvolto in un incidente stradale e poi ricoverato, non rientra tra gli atti di polizia giudiziaria urgenti ed indifferibili ex art. 356 c.p.p., di talchè non sussiste alcun obbligo di avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia ai sensi dell'art. 114 disp. att. c.p.p. (Sez. 4, n. 38458 del 04/06/2013 - dep. 18/09/2013, P.G. in proc. Grazioli, Rv. 257573).

Evidentemente frutto di una erronea lettura della giurisprudenza di legittimità è l'affermazione della ricorrente secondo la quale non sarebbe vero che il prelievo era stato effettuato nell'ambito di un protocollo sanitario perchè la richiesta era stata fatta dalla p.g.:

ai fini dell'applicazione dell'art. 186 C.d.S., comma 5, la richiesta della p.g. di accertamento del tasso alcolemico di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche può legittimamente essere l'unica causa di tale accertamento e non richiede uno specifico consenso dell'interessato, oltre a quello eventualmente richiesto dalla natura delle operazioni sanitarie strumentali a detto accertamento (Sez. 4, n. 10605 del 15/11/2012 - dep. 07/03/2013, Bazzotti, Rv. 254933).

Meramente assertiva è poi l'affermazione secondo la quale le condizioni di ebbrezza alcolica della Z. dimostrerebbero che ella non era in condizioni di prestarèun valido consenso:

l'esponente medesimo da atto che il certificato del pronto soccorso menziona il prestato consenso e il dato è contrastato solo dialetticamente, fermo restando che quelle stesse condizioni segnalate dall'esponente come connesse ad un tasso pari all'1,91 g/l non si concretano nella incapacità di intendere e di volere. In ogni caso, coerente con l'insegnamento di questa Corte è la sentenza in esame laddove fa richiamo alla regola per la quale i risultati del prelievo ematico, effettuato a seguito di incidente stradale durante il successivo ricovero presso una struttura ospedaliera pubblica su richiesta della polizia giudiziaria, sono utilizzabili nei confronti dell'imputato per l'accertamento del reato di guida in. stato di ebbrezza, trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica e restando irrilevante, ai fini dell'utilizzabil'ità processuale, la mancanza del consenso (Sez. 4, n. 10605 del 15/11/2012 - dep. 07/03/2013, Bazzotti, Rv. 254933).

3.3. Il sesto motivo fa riferimento ad un vizio di motivazione che invero, quand'anche rilevato, non avrebbe alcun effetto concreto.

Infatti, l'appellante si era doluto della motivazione resa dal primo giudice per affermare la legittimità dell'accertamento previsto dall'art. 354 c.p.p., pur se eseguito da agenti e non da ufficiali di p.g..

Ora, va escluso che l'acquisizione della copia del referto medico del quale si è sopra discusso possa qualificarsi come accertamento o rilievo dei quali fa parola l'art. 354 c.p.p.. Questa Corte ha puntualizzato che mentre il rilievo consiste nell'attività di raccolta di dati pertinenti al reato, l'accertamento tecnico si estende al loro studio e valutazione critica secondo canoni tecnico - scientifici (Sez. 2, n. 34149 del 10/07/2009 - dep. 04/09/2009, Chiesa e altro, Rv. 244950).

Peraltro, va rimarcato come non sia prevista dalla legge alcuna nullità per l'ipotesi di violazione del combinato disposto all'art. 354 c.p.p., e art. 113 disp. att. c.p.p.. La carenza di potere nell'organo procedente incide sulla sussistenza dei presupposti dell'atto e ne impedisce la convalida (cfr. art. 355 c.p.p.).

Va pure rammentato che la giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che la necessità e l'urgenza di provvedere può essere in re ipsa (Sez. 3, n. 42899 del 28/09/2004 - dep. 04/11/2004, Nardiello, Rv. 229921), con l'effetto che la motivazione resa sul punto della Corte di Appello risulterebbe in ogni caso adeguata.

3.4. Con riferimento al settimo motivo va rammentato che la circostanza aggravante dell'aver provocato un incidente stradale implica la valenza causale del comportamento dell'imputato;

situazione alla quale non può equiparasi il mero coinvolgimento nel sinistro (così Sez. 4, n. 7969 del 06/12/2013 - dep. 19/02/2014, Ferrari, Rv. 258616). La Corte di Appello non ha ritenuto diversamente; infatti, nel rimarcare che l'aggravante in parola può essere integrata anche nel caso di incidente che non abbia coinvolto altri utenti della strada, implicitamente ha affermato che l'unica causa del sinistro fu il comportamento della Z..

D'altronde, il rilievo difensivo neppure prospetta l'esistenza di causali diverse, con ciò dimostrando la sufficienza della sintetica enunciazione motivazionaie.

  1. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 novembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2015

                                         

A cura degli Avv.ti Pietro Carlo Ferrario e Giuseppe Aramini – Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

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