Pubblicato il 28-01-2014

Guida in stato d'ebbrezza con veicolo fermo.


La presente pronuncia, trattando di questione più ampia legata al valore probatorio del verbale di accertamento, conferma – incidenter tantum – che la fermata costituisce una fase della circolazione stradale, la quale, di per sé, non esclude la possibilità che il soggetto fermo, in stato d’ebbrezza, possa essere sottoposto ad accertamento etilometrico.

Ad avviso di Chi scrive, compresi gli intendimenti della Suprema Corte volti, legittimamente, a garantire la sicurezza nelle nostre strade, dovrebbe procedersi in futuro ad una determinazione più completa dell’accezione di fermata, come momento della circolazione con veicolo. Ciò vale a dire che, non parrebbe essere tale quella che prescinda da circostanze di fatto da cui indurre che essa sia prodromica e/o successiva ad una fase di movimento del veicolo per azione dell'ebbro.

 

Parte della giurisprudenza, anche più recente (Cass. pen. sez. V n. 30209/13), richiede, infatti, la prova di tale fase dinamica della guida.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-03-2013) 12-11-2013, n. 45514

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SIRENA Pietro Antonio - Presidente -

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Consigliere -

Dott. SAVINO Mariapia G. - rel. Consigliere -

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.E. N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 3010/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del 23/05/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA SAVINO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Stabile Carmine che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

 

 

 

Con sentenza emessa in data 11 marzo 2010 il Tribunale di Venezia dichiarava P.E. colpevole del reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, in quanto in data (OMISSIS) lo stesso, sottoposto ad alcooltest, risultava positivo all'accertamento. In particolare gli agenti di polizia rilevavano un tasso alcoolemico superiore ai limiti di legge e precisamente pari a 1,61 g/l, in occasione della prima prova, ed a 1,79, in occasione della seconda prova. Di conseguenza, riconosciute le attenuanti generiche, il Tribunale di Venezia condannava il P. alla pena di mesi 2 di arresto ed Euro 1.000,00 di ammenda, con sostituzione della pena detentiva in quella pecuniaria pari a 3.280,00 Euro oltre alle spese del procedimento.

Applicava, inoltre, all'imputato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un anno e disponeva la confisca dell'autovettura, di proprietà del P., con cui era stato commesso il reato.

Proposto appello, la Corte di appello di Venezia confermava in foto la sentenza di primo grado condannando l'imputato al pagamento delle spese del grado.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato per violazione ed erronea interpretazione delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità in riferimento agli art. 191, 192, 511 e 533 c.p.p..

In particolare, difesa ha censurato la sentenza della Corte di appello nella parte in cui, conformandosi alla pronuncia di primo grado, ritiene provata la penale responsabilità del ricorrente in merito al reato contestatogli sulla base del verbale dell'accertamento urgente c.d. alcooltest.

Secondo la difesa la prova che il P. si trovasse alla guida dell'autovettura prima della somministrazione dell'alcoltest avrebbe dovuto formarsi in dibattimento, nel contraddittorio delle parti non potendo, invece, essere ricavata dal verbale dell'accertamento irripetibile acquisito al fascicolo per il dibattimento.

A detta del ricorrente avrebbero dovuto essere sentiti gli agenti che effettuarono l'accertamento del tasso alcoolemico in dibattimento.

Difatti ritenere provato il reato di guida in stato di ebbrezza sulla sola base del verbale dell'accertamento tecnico, senza altre fonti che affermino che il soggetto sottoposto al test si trovasse alla guida, costituisce, secondo la difesa, una violazione delle norme codicistiche poste a presidio del principio del contraddittorio nella formazione della prova con conseguente inutilizzabilità dei risultati (artt. 511 e seguenti, artt. 191 e 192 c.p.p.).

In realtà la ricostruzione difensiva risulta alquanto artificiosa.

Certamente gli agenti che hanno proceduto all'accertamento avrebbero potuto essere sentiti in dibattimento e le loro dichiarazioni indubbiamente costituiscono un elemento ripetibile. Da questo, però, non si può far discendere una inutilizzabilità, per così dire, parziale del verbale di un atto irripetibile in modo da ritenerlo utilizzabile nella parte in cui attesta la presenza nel soggetto di un tasso alcoolemico superiore a quello consentito e non nella parte in cui da conto delle circostanze nell'ambito del quale tale accertamento è stato effettuato. Peraltro il fatto l'essere alla guida di un autoveicolo costituisce l'antecedente logico necessario e legittimante l'accertamento c.d. alcoltest.

Merita inoltre sottolineare come la circostanza che il conducente sia fermo od in movimento non rileva. A tal proposito la giurisprudenza ha più volte affermato che in materia di circolazione stradale, deve ritenersi che la "fermata" costituisca una fase della circolazione.

Di conseguenza è del tutto irrilevante, ai fini della contestazione del reato di guida in stato di ebbrezza, che il veicolo condotto dall'imputato risultato positivo all'alcoltest fosse, al momento dell'effettuazione del controllo, fermo ovvero in moto (ex pluris Cass. Sez. 4^, 37631/2007, Rv. 237882).

A ciò si aggiunga il consolidato orientamento in base al quale in tema di guida in stato di ebbrezza, allorquando l'alcoltest risulti positivo, costituisce onere della difesa fornire una prova contraria a detto accertamento quale, ad esempio, la sussistenza di vizi dello strumento utilizzato, oppure l'utilizzo di una errata metodologia nell'esecuzione dell'aspirazione, non limitandosi a richiedere il deposito della documentazione attestante la regolarità dell'etilometro (vedi ex pluris Sez. 4^, n. 42084/ 2011 Rv. 251117).

Alla luce di tali argomentazioni il motivo di ricorso appare infondato e va rigettato.

 

 

P.Q.M.

 

 

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2013

 

A cura degli Avv.ti Pietro Carlo Ferrario e Giuseppe Aramini del Foro di Modena - Studio Legale Associato Lucarelli & Ferrario

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